Verona / Tragedia in A4, una consulenza «accusa» il guard-rail / LA CONSULENZA sarà consegnata al PM da Alberto Pallotti, presidente AIFVS-onlus / La barriera era fissata al terreno, se fosse stata nel cemento avrebbe avuto più capacità contenitiva / L’AR

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Verona / Tragedia in A4, una consulenza «accusa» il guard-rail / LA CONSULENZA sarà consegnata al PM da Alberto Pallotti, presidente AIFVS-onlus / La barriera era fissata al terreno, se fosse stata nel cemento avrebbe avuto più capacità contenitiva / L’ARENA di martedì 23 gennaio 2018

Il pullman carico di studenti del liceo classico Szinyei Merse Pal di Budapest che rientrava in patria dopo un soggiorno in Francia urtò il guard rail e poi finì contro uno dei piloni del ponte in prossimità dell’uscita di Verona Est, all’altezza di San Martino.

È trascorso un anno, e oggi Alberto Pallotti, presidente dell’Associazione Italiana familiari e Vittime della Strada onlus (AIFVS), consegnerà al pm titolare dell’indagine, il dottor Paolo Sachar, una consulenza redatta da un esperto ungherese, Gyorgi Fekete, che ricostruisce il terribile schianto avvenuto nella notte del 21 gennaio 2017, seguito dal rogo nel quale morirono 17 persone, soprattutto studenti tra i 14 ed i 18 anni, e altre 26 riportarono ferite inguaribili.

Un elaborato redatto insieme a due esperti, l’ingegnere progettista stradale Gyula Dévai e Sàndor Tombor (presidente della società esperti delle Ferrovie e delle strade), che individua responsabilità in carico al gestore del tratto autostradale della A4 nel quale si verificò l’incidente.

E riassume in alcuni punti quelle che per gli esperti ungheresi sono le «criticità» che hanno contribuito alla tragedia, attribuibile, secondo loro, alla condotta di guida ma non esclusivamente alla responsabilità dell’autista (attualmente indagato insieme ai vertici di Serenissima per la gestione e manutenzione del tratto).

Oltre alla presenza di una piastra di ferro appena al di là del guard rail, e responsabile dell’esplosione degli pneumatici e della modifica della traiettoria, Fekete avrebbe stigmatizzato la presenza del palo della luce tranciato dal bus e «scorrettamente fissato al cemento e che verosimilmente, spezzandosi, ha creato il corto circuito che ha innescato l’incendio», oltre ad un «sistema di ritenzione non idoneo».

Si fa riferimento, in particolare, alla barriera di acciaio fissata al terreno che protegge il pilone del cavalcavia che delimita la corsia di uscita. «Per avere un effetto contenitivo», si sostiene nell’elaborato, «il guard rail deve essere fissato al cemento e non al terreno».

E osserva che il tratto presenta un «elemento di giunzione» che si è staccato diventando un ulteriore ostacolo. E, stando alle conclusioni di Fekete, se la barriera avesse offerto una protezione adeguata, l’autobus non sarebbe mai finito contro il pilone che in seguito all’urto entrò nell’abitacolo fino alla settima fila di sedili.

L’elaborato affidato dal pm Sachar ad un esperto aveva chiarito alcuni aspetti ed escluso che l’autobus ungherese presentasse anomalie. Era emerso che l’autista, sopravvissuto seppur con gravi traumi, prima della gita si era sottoposto ad una visita medica per un problema legato al sonno. Il reato è omicidio stradale aggravato ed è stato contestato anche ai vertici della Brescia-Padova, l’inchiesta si sta avviando alle fasi finali.

Oggi il deposito della consulenza. F.M.

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