Cambia il codice della strada Sessanta riforme in 20 anni. La macchina del legislatore stradale non conosce limiti di velocità: le ultime norme in vigore ancora non marciano a pieno ritmo e già il Parlamento è al lavoro sulla prossima riforma del codice della strada.
Eppure nel 2013 sono state approvate tre provvedimenti in materia, un altro nel 2012, e intanto le polizie municipali attendono ancora un decreto attuativo che spieghi loro come ripartire gli incassi degli autovelox, dopo la riforma che impone di dividerli tra l’ente accertatore e l’ente proprietario della strada. Ma pazienza: il codice della strada deve marciare verso nuove frontiere, non ci si può fermare, non si può lasciare l’automobilista troppo a lungo fermo sulle sue certezze. È così che, approvato il nuovo codice nel 1993, si è arrivati a modificarlo 58 volte in 20 anni.
La riforma del codice della strada è una medaglia che ogni governo della Seconda Repubblica si è voluto appuntare sul petto (e anche quelli della Prima non scherzavano). Perché è un tema popolare (e populista), subito tangibile nella vita di milioni di persone, facilmente spendibile nei Tg e adatto a caricarsi di emotività a ogni strage del sabato sera o tragedia da esodo. Non a caso, molte leggi sono sbocciate a ridosso delle vacanze estive, quando non direttamente ad agosto con decreti emergenziali, sulla spinta di fosche notizie di cronaca.
È il cinismo di una politica senza idee e ormai anche senza portafogli. Cambiare di continuo i limiti di velocità è quasi gratis, abbassare il tasso alcolemico consentito è rapido come bere un sorso di birra, imporre patenti e patentini è un gioco a somma zero per le casse pubbliche. E pazienza se comporta altre tasse improprie sotto forma di corsi di guida e adempimenti burocratici. L’ultima geniale mossa, sempre benedetta col mantra del «noi ci teniamo alla sicurezza dei cittadini», è stata di introdurre patentini anche per i motorini, ma sottrarre l’insegnamento delle regole alla scuola media per affidarlo a corsi appositi. Per poi riempirsi la bocca con la «necessità di educare gli automobilisti» come ha fatto ieri il sottosegretario ai Trasporti Erasmo D’Angelis in un’intervista a Radio 24, preannunciando che «il 2014 sarà l’anno del codice della strada» e anticipando alcune delle possibili nuove alzate d’ingegno. Una sola chicca: «Si pensa -ha spiegato- a un manuale da distribuire con ogni veicolo, biciclette incluse, per spiegare in modo semplice il codice della strada, perché molti non lo leggono, sa?». Bravo sottosegretario, l’ha notato anche lei? Forse ci avrebbe affaticato di meno gli occhi evitare che il codice lievitasse a 245 comodi articoli, altro che i 46 libri dell’Antico testamento e le 114 sure del Corano. Ecco, all’automobilista mancava solo il bignami di Stato, da leggere durante le scampagnate. Siamo fatti così: gli altri Paesi costruiscono strade sicure e controllate, noi autostrade di regole.
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