Ci sono ancora dei ciclisti che insistono sulla “pedalata libera”, ovvero non ghettizzata nelle piste ciclabili, per giunta separate.
Sono 66 anni che pedalo liberamente nelle strade d’Europa, ma non mi posso permettere di consigliarlo neanche al peggior nemico.
È magnifico fare la gincana fra le auto in coda, invadere l’Aurelia verso il mare tutti in gruppo, ma ciò non vuol dire che sia giusto.
Questa libertà è una sorta di anarchia sociale senza futuro!
Per vivere insieme bene, bisogna essere civili, rispettando le regole.
Al limite, bisogna pretendere dagli amministratori che si diano da fare per darci il nostro spazio sulla strada e che i vigili lo facciano rispettare dagli altri utenti.
Chiedo da sempre le piste ciclabili SEPARATE DALLA VIABILITÀ ORDINARIA, perché la convivenza è impossibile, è semplicemente utopia, perché è molto diverso il rapporto peso-potenza-velocità con gli altri mezzi.
Limitarsi a chiedere un maggior controllo della velocità dei mezzi è sacrosanto per tutti, ma non è sufficiente a rendere sicuro il nostro pedalare.
Le cause che danneggiano il ciclista sulla strada sono infinite.
Provate a pensarne qualcuna:
dalla distrazione all’alcolismo, dal malore del conducente alla rottura improvvisa del mezzo, dalla caduta accidentale del ciclista all’esibizionismo del motociclista, eccetera…
Vi dico di più:
la consistenza della separazione deve sopportare l’impatto del peso e della velocità dei mezzi che corrono vicini.
Le ciclostrade turistiche che collegano più comuni dovrebbero essere progettate lontano dalla viabilità ordinaria.
Come sempre, per vostra comprensione, allego alcune foto: https://goo.gl/KKD2Ew.
Gianfranco Di Pretoro
Federazione Ciclistica Italiana Lazio
Responsabile piste ciclabili e viabilità
Roma, 2 luglio 2015