COMUNICATO STAMPA DELL’ASSOCIAZIONE UNITARIA FAMILIARI E VITTIME DELLA STRADA ODV E DELL’ASSOCIAZIONE MAMME CORAGGIO E VITTIME DELLA STRADA ODV Morte di Giovanni Zanier – Pallotti, Ciaramella e Ronzullo: «Siamo vicini alla famiglia e pr onti a supportarla nella lotta per la giustizia. Ma le leggi sull’omicidio stradale vanno cambiate, i politici inseriscano nei loro programmi la sicurezza stradale» «Siamo vicini alla famiglia di Giovanni Zanier, il 15enne ucciso da una soldatessa americana a Porcia, in provincia di Pordenone. Vogliamo che i suoi genitori sappiano che siamo pronti ad aiutarli in tutte le sedi opportune, anche mettendo a disposizione i nostri avvocati e i nostri tecnici». Ad affermarlo sono Alberto Pallotti e Biagio Ciaramella, rispettivamente presidente e portavoce dell’Associazione Unitaria Familiari e Vittime della Strada ODV e dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada ODV, ed Elena Ronzullo, presidente dell’Associazione Mamme Coraggio e Vittime della Strada ODV. Giovanni Zanier è stato investito mentre portava a mano la bici di un suo amico lungo la pista ciclo-pedonale in direzione di casa. L’auto della soldatessa, che si è messa al volante dopo aver bevuto troppo, lo ha investito e scaraventato a una decina di metri di distanza. Ora la donna, che era in servizio presso la base Usaf di Aviano, dovrà rispondere di omicidio stradale aggravato. Ma le autorità statunitensi potrebbero appellarsi agli accordi internazionali che consentono che i loro militari responsabili di reati all’estero possano essere giudicati nel loro Paese. La famiglia di Giovanni ha lanciato un appello affinché questo non sia consentito: «La soldatessa deve essere processata in Italia», ha detto sua madre. «Se i genitori del ragazzo lo riterranno opportuno», dicono Pallotti, Ciaramella e Ronzullo, «siamo pronti a sostenerli nella loro battaglia. Vogliamo, però, metterli in guardia dal farsi illusioni circa quello che potranno ottenere. In Italia, purtroppo, per le vittime della strada e i loro familiari la giustizia non esiste. I responsabili di omicidio stradale riescono sempre a cavarsela con condanne lievi, mentre le famiglie sono condannate a scontare un ergastolo di dolore». «Anche per questo», aggiungono Pallotti, Ciaramella e Ronzullo, «ci appelliamo a tutte le famiglie delle vittime della strada, e anche alle altre associazioni, affinché si cominci a condividere sui social network ciò che succede ogni giorno in Italia, sia nei tribunali che nelle aule di giustizia. Vogliamo che cambi la legge, che le pene vengano applicate, che gli sconti di pena vengano eliminati. Soprattutto, chiediamo che chi uccide sulla strada venga arrestato. Basta con gli arresti domiciliari, basta con i braccialetti elettronici. Chi è colpevole di omicidio stradale deve essere arrestato subito dopo l’incidente, fino a quando un giudice non deciderà se è il caso di mandarlo a casa ai domiciliari. Perché poi, con le condanne lievi che vengono somministrate nel nostro Paese, si rischia che i responsabili non facciano un giorno di carcere. Arrestare subito chi provoca un incidente mortale può essere, invece, un deterrente». Pallotti, Ciaramella e Ronzullo ribadiscono anche l’appello ai politici lanciato nelle scorse settimane affinché inseriscano nei loro programmi elettorali il problema della sicurezza stradale. «Da giorni», dicono, «sentiamo i politici di tutti gli schieramenti fare promesse e parlare di questo e di quello, ma della sicurezza stradale non parla mai nessuno. Eppure, che senso ha promettere un ritorno a scuola in sicurezza o una maggiore sicurezza sanitaria per tutti, quando poi i nostri giovani, e non solo loro, muoiono sulle strade? Da anni assistiamo a una strage di cui nessuno parla e per la quale nessuno fa niente. Ci stiamo attivando per poter fare trasmissioni online a partire da fine mese dove, fino al 15 settembre, informeremo gli italiani sui politici e sugli schieramenti che daranno importanza nei loro programmi alla sicurezza stradale. I politici sappiano che ogni giovane che muore, è per loro un elettore in meno. E anche ogni famiglia che si vede negata la giustizia e che non vede da parte loro nessun impegno sulla sicurezza stradale».
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