Verona / ESPOSTO presentato da Alberto PALLOTTI, presidente nazionale AIFVS-onlus , sulla tragedia del bus ungherese / Nel mirino i progettisti / Con i collaudatori dell’autostrada saranno chiamati a rispondere dell’incidente. Due consulenze avrebbero sollevato criticità incisive / di Fabiana Marcolini / L’ARENA di mercoledì 24 gennaio 2018
Tragedia sulla Serenissima, all’altezza di San Martino, nella notte del 21 gennaio dello scorso anno: l’indagine è terminata, a breve saranno notificati gli avvisi, ma oltre ai primi tre indagati l’inchiesta coordinata dal pm Paolo Sachar si è ampliata.
E alla luce degli elaborati redatti da due esperti incaricati dalla Procura, a rispondere del tremendo incidente nel quale persero la vita 17 persone, undici dei quali studenti ungheresi del liceo Szinzyei Merse Pàl di Budapest che rientravano da un soggiorno in Francia, saranno chiamati anche progettisti e collaudatori dell’arteria stradale.
Questo quanto emergerebbe da due consulenze, quella dell’ingegner Cinzia Cardigno (chiamata a riferire sulla causazione dell’incidente che ha ricostruito le ragioni dell’impatto) e quella del professor ingegner Giuliani, ordinario dell’Università di Parma, un esperto in tema di costruzioni e collaudi stradali, che avrebbe rilevato criticità incisive, soprattutto sul profilo normativo, che non sarebbero state tenute in debita considerazione.
Perché, quella notte, se da una parte è stato assodato che l’autista soffriva di narcolessia e fu colto da un colpo di sonno, dall’altra sarebbe emerso che il guard rail non fu in grado di resistere all’impatto e tanto meno di respingere il pullman che aveva sbandato.
Poi la presenza del pilone del cavalcavia, che entrò nell’abitacolo fino alla settima fila di seggiolini, «protetto dalle barriere in metallo». Sarebbero questi i punti di criticità presenti in quel tratto di autostrada e che per la procura concorsero a creare quel disastro. Autista, responsabili della gestione e della manutenzione della Brescia-Padova, ma anche chi progettò e collaudò la barriera che – stando almeno all’elaborato di un esperto ungherese e parte integrante dell’esposto depositato ieri in Procura dal presidente dell’Associazione italiana familiari e vittime della strada onlus (AIFVS) Alberto PALLOTTI – non resse e formò una sorta di corsia che inevitabilmente fece finire l’autobus contro il manufatto in cemento.
Da quell’elaborato emerge anche la presenza di una piastra di ferro in disuso con spuntoni – a pochi centimetri dal limite della carreggiata – che squarciò gli pneumatici. Alcuni giorni fa su diversi quotidiani ungheresi è apparsa l’intervista al procuratore Angela Barbaglio. «Ho confermato che il capo d’imputazione è stato completato e che è pronto per essere notificato agli indagati», aggiunge. «Si tratta comunque di un’indagine particolarmente complessa sia dal punto di vista tecnico sia sotto il profilo normativo».
Stando alle informazioni comparse sulla stampa magiara, il padre di una studentessa morta nel tremendo rogo sta effettuando indagini per appurare altri profili di responsabilità ed alla televisione ha affermato che il pullman non avrebbe potuto essere commercializzato e che era condotto da una persona che non era in grado di farlo poiché era stato trattato per disturbi del sonno. Il genitore cita un rapporto redatto dall’ufficio investigativo nazionale, ma al momento non hanno avuto alcuna notizia ulteriore. Ma l’indagine in Italia è terminata.
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La perizia ungherese depositata alla Procura
Alberto Pallotti, presidente nazionale dell’AIFVS-onlus, ieri mattina ha depositato l’esposto a nome della Onlus che presiede, perché le famiglie ungheresi delle vittime del tremendo incidente del 21 gennaio 2017 si sono rivolte all’Associazione, che da anni è accanto a chi subisce le conseguenze di incidenti stradali.
Alberto Pallotti non solo ha depositato l’esposto con il quale chiede che «vengano approfonditi i temi trattati dai tecnici ungheresi, verificando se effettivamente sussistano responsabilità in capo ad altri soggetti quali i progettisti», ma ha anche depositato, come da richiesta che proviene dagli stessi tecnici, la consulenza redatta dagli esperti Gyorgi Fekete, Gyulia Dévai e Sàndor Tombor.
Quattro le criticità: la mensola d’appoggio per pali con gli spuntoni in ferro sporgenti, il palo della luce – che rappresentò l’innesco per l’incendio -, l’assenza di cartelli di decelerazione in quel punto ed un inidoneo sistema di ritenzione del guard rail che era fissato nel terreno e non nel cemento.
«La perizia», si legge nell’esposto, «getta pesanti ombre sulla tenuta della barriera e sul corretto sistema di percezione del pilone probabilmente troppo vicino alla corsia di emergenza». Si sottolinea che il guard rail è rientrato di mezzo metro dopo l’impatto e gli esperti ribadiscono che il colpo di sonno dell’autista non può essere «motivo per addossare le colpe solo a lui».
E si prosegue: «Molto probabilmente se la barriera avesse offerto la giusta protezione, facilmente il mezzo non sarebbe andato a collidere con il pilone».