Intervento di Alberto PALLOTTI, presidente dell’Associazione italiana familiari e vittime della strada onlus (AIFVS), al seminario nazionale “Ambiente salute e sicurezza nei luoghi di lavoro” (Foggia, 12 e 13 dicembre 2017).
Non potendo essere presente all’evento, Alberto PALLOTTI si è fatto rappresentare da Claudio MARTINO, che ha letto il suo intervento.
LA BROCHURE DEL SEMINARIO: https://goo.gl/itTM3Q
TITOLO: E se i risarcimenti per gli incidenti stradali fossero gestiti dall’INAIL od ente similare?
L’Associazione italiana familiari e vittime della strada ha notevolmente contribuito all’approvazione della legge sull’”omicidio stradale”.
È fuor di dubbio che, come tutte le leggi, può e deve essere migliorata, ma nel complesso, a nostro avviso, va giudicata positivamente.
Molti la ritengono sbagliata e controproducente.
Uno degli argomenti preferiti dai detrattori è che, dopo l’introduzione dell’”omicidio stradale”, non si è registrato un calo significativo degli incidenti, come se l’unica finalità di una norma penale fosse la deterrenza e non anche dare giustizia alle vittime.
La prima obiezione che sorge spontanea è che, per ottenere statistiche scientificamente attendibili su un fenomeno complesso come l’incidentalità stradale, serve un arco temporale più lungo dell’anno e mezzo che ci separa dalla promulgazione della legge.
E poi, ai fini dell’efficacia deterrente di una norma, non conta da quanto tempo essa è stata introdotta nel codice, ma dalla consapevolezza, nell’opinione pubblica, della sua esistenza ed effettività.
In parole povere, l’”omicidio stradale” svolgerà efficacemente una funzione deterrente solo quando, dopo un numero significativo di condanne in base alla nuova legge, ogni cittadino avrà conoscenza diretta di persone che, a differenza che nel passato, sono state punite severamente per aver cagionato la morte o lesioni gravissime a causa di una condotta criminale nella guida.
Dopo un incidente stradale, sia esso mortale e/o causa di invalidità permanente, inizia per le vittime (intendendo, ovviamente, per vittime anche i loro familiari ed amici) un lungo calvario, anche giudiziario.
I responsabili degli incidenti raramente ammettono la loro colpa e spesso tentano di farla ricadere sulla vittima, specie se quest’ultima non può più raccontare come sono andate le cose, amplificando così la sofferenza delle vittime sopravvissute e dei familiari di vittime.
Non meglio va nel procedimento per ottenere di essere risarciti.
In molti, troppi casi, le vittime si rivolgono a legali che preferiscono accordi veloci, su cifre basse, con le assicurazioni, a cause giudiziarie che li obbligano a lavorare con impegno per ottenere il giusto.
Certo, il giusto… sembra assurdo – e lo è effettivamente – dare un valore congruo ad una vita umana e alla salute di un essere umano…
Pensiamo ad un grande campione dello sport, uno che guadagna milioni di euro… se fosse stato ucciso da bambino, magari investito da un ubriaco sulle strisce davanti a scuola, nessuno avrebbe mai saputo che poteva diventare il numero uno mondiale e guadagnare cifre enormi… questo sistema iniquo ti mette davanti le tabelle, ti dice che la vita di un bambino vale poco, in quanto non produce nulla, vale solo affettivamente, ti fa una proposta e tu l’accetti, stremato dal dolore…
Morale, assicurazioni soddisfatte, perché a fine anno gli utili crescono, frutto della differenza tra premi incassati e risarcimenti pagati.
Molti avvocati lavorano per arrivare ad una definizione quanto più veloce del risarcimento, prendono il loro bel 10 per cento, troppo spesso in nero, e dopo sei mesi incassano la loro parcella. Un sistema perfetto, un business enorme.
Ma secondo voi, è giusto che risarcimenti milionari vengano sempre e solo decisi tra avvocato e liquidatore senza la decisione di un giudice?
Perché è questa la realtà. Portatemi qui dei casi in cui un giudice ha deciso il valore di una vita umana ed io vi porterò, 100 volte tanto, casi nei quali il valore alla vita umana l’hanno dato i parenti delle vittime.
Perché, è bene si sappia, chi accetta il denaro relativo alla morte di un congiunto, ha stabilito anche il valore della sua vita. E questo le vittime non lo capiscono, in molti casi spinte da professionisti che ripetono loro, a mo’ di ritornello, che i processi sono lunghissimi e che alla fine la liquidazione potrebbe risultare anche inferiore, se decisa da un giudice.
Certo, la liquidazione dell’onorario, stabilita da un giudice, si aggira sul 3 per cento del valore, mentre nel caso di trattativa privata si ottiene come minimo un 6/8, a volte anche un 30 per cento.
Con pochissimo sforzo… un paio di raccomandate, incontri, telefonate, minacce di causa e poi arrivano i soldi… una vergogna…
Le mie parole non vogliono essere un attacco alla categoria degli avvocati oppure ad altre categorie.
Fondamentale è togliere forza agli interessi economici che sono contigui alla strage stradale.
Solo così potremo affrontare questa delicata tematica, che vive di una commistione tra interesse pubblico ed interesse privato.
Certo, se la giustizia fosse più veloce, puntuale, seria, non si potrebbe fare più leva su alcune debolezze di operatori del settore…
Spinto da tutte queste considerazioni, ho cominciato a lavorare ad un’ipotesi, da molti ai quali è stata illustrata giudicata interessante e che quanto prima sottoporrò formalmente all’intera AIFVS.
Un’ipotesi “rivoluzionaria”, che va dritta al cuore del problema, disarmante perché a mio avviso fattibile e molto vantaggiosa per tutti.
Perché esiste l’INAIL?
Perché molto tempo fa, durante il fascismo, si decise che non si poteva lasciare in mano alle assicurazioni private la tutela sul lavoro. Troppi i casi di lavoro in nero.
Allora è stato fondato l’INAIL. Giova ricordare che l’INAIL è il tesoro dello Stato. Produce utili enormi, minimo 600 milioni di euro, ma arriva anche a 3 miliardi di euro l’anno.
Ma vi rendete conto che le morti bianche sono 1000 l’anno? E che 500 sono vittime della strada? Si può capire facilmente che l’incidente stradale è un fenomeno almeno 20 volte superiore, perché ci sono i feriti.
Per quale motivo non è stata tolta alle assicurazioni private la gestione delle RC auto? Magari accorpando il servizio all’INAIL? Si darebbe vita ad un nuovo ente, che produrrebbe utili spaventosi, secondo i miei calcoli almeno 10 miliardi di euro l’anno.
Certo, utili da togliere alle assicurazioni, al privato.
Allora, perché da un punto di vista squisitamente economico, vogliamo dare 10 miliardi ogni anno, ma sono di più in realtà, a poche persone, che oltretutto per la maggior parte sono straniere e portano i capitali fuori dell’Italia?
10 miliardi di euro sono una finanziaria, potremmo con questi soldi abbassare il costo della benzina, aumentare lo sport, promuovere l’agricoltura dei nostri giovani.
Ma com’è che nessuno ha pensato ad una siffatta riforma?
Verrebbe creato un sistema molto più equo, un’assicurazione di Stato che proteggerebbe tutti, anche dai veicoli non assicurati, che ci difenderebbe più efficacemente dai pirati della strada, anche nel caso di incidenti senza colpevoli, che lasciano famiglie senza reddito e senza ristoro.
Ricapitolando, il nuovo ente – che in realtà potrebbe anche non essere un nuovo istituto assicurativo, ma lo stesso INAIL – dovrebbe svolgere, mutatis mutandis, rispetto agli infortuni sulla strada, le stesse funzioni attualmente ricoperte dall’INAIL nei confronti degli infortuni sul lavoro.
Potrebbe-dovrebbe tutelare ogni veicolo circolante, anche in assenza di copertura assicurativa, il che sarebbe sicuramente un passo avanti importantissimo, rispetto all’odierno fondo di garanzia per le vittime dei pirati della strada, limitato ed inefficace.
L’enorme utile renderebbe necessaria la creazione di nuovi posti di lavoro.
Ai fini della solidarietà fra tutte le vittime della strada, ora del tutto isolate fra di loro nel loro rapporto individuale con le assicurazioni private, sarebbe importantissima l’instaurazione del meccanismo della rendita, proprio dell’INAIL, nel risarcimento degli infortuni.
Si potrebbe studiare un sistema misto di quota capitale e rendita, esattamente come fa l’INAIL.
POTREBBE ESSERE DECISA, ad esempio, una soglia di risarcimento sotto la quale avrebbe luogo la tradizionale liquidazione in conto capitale, mentre – e questo “costringerebbe” gli infortunati a fare gioco di squadra, a beneficio proprio e di tutte le vittime della strada future – sopra tale soglia potrebbe essere assegnata una rendita.
Nel caso di decesso, così come fa attualmente l’INAIL, il nuovo istituto potrebbe procedere a liquidazione in conto capitale tabellare, mettendo in modo, altresì, meccanismi di tutela dei figli minori e del coniuge convivente.
La rendita, come forma di risarcimento privilegiata rispetto alla liquidazione, produrrebbe inevitabilmente, come già accennato, tra i beneficiari, l’esigenza di fare associazionismo, creando così una massa critica capace di fare pressione sulle istituzioni ed i mass media.
Si instaurerebbe un meccanismo virtuoso di vittime che, per proteggere la propria rendita ed i propri interessi, sarebbero invogliate ad associarsi per le dichiarazioni annuali, per la rivalutazione, eccetera, analogamente a quanto accade oggi nell’ambito degli infortuni sul lavoro.
Sorgerebbero patronati di vittime della strada, forse addirittura sindacati…
E questo fenomeno, quello dell’aggregazione fra vittime, sarebbe importante, se non addirittura fondamentale, per chi, come noi, si preoccupa senz’altro di far ottenere un adeguato risarcimento alle vittime e ai loro familiari, ma persegue, con altrettanti interesse e determinazione, l’obiettivo di imporre, al Parlamento ed a tutte le istituzioni, l’adozione ed il rispetto di norme più efficaci per una maggiore sicurezza di tutti gli utenti della strada.
Si potrebbe creare un nuovo modo di intendere la lotta alla strage stradale, con potere contrattuale almeno pari a quello oggi detenuto dai sindacati dei lavoratori nelle trattative con i datori di lavoro.
Lo stesso nuovo ente potrebbe essere dotato di poteri ispettivi come quelli dello SPISAL, ai fini di fare prevenzione.
Sarebbe suo interesse ECONOMICO PROMUOVERE azioni atte a ridurre la strage stradale per l’ovvio e concreto motivo che meno sono gli “incidenti”, maggiore sarebbe il suo utile.
Sarebbe una rivoluzione copernicana rispetto al prevalente modo di intendere l’”incidente stradale”, che rappresenta, per diverse categorie private, un’enorme fonte di guadagno.
Con il nuovo ente entrerebbe, nel panorama politico ed economico del nostro Paese, un soggetto con un interesse economico concreto a ridurre la strage stradale, con risparmi enormi anche per il sistema sanitario nazionale.
In questo momento, le assicurazioni private incassano i premi, erogano le liquidazioni e realizzano utili a fine anno elevati.
Il costo reale degli incidenti stradali non è, tuttavia, rappresentato dalla sola liquidazione del danno ma, a carico dell’intera collettività e non delle assicurazioni, anche dal costo delle cure degli infortunati, costo quantificabile in percentuali sostanziose del PIL.
Attualmente, sul premio assicurativo viene caricato un 10,50% di contributo, che la compagnia assicurativa gira allo Stato come costo forfettario per le spese sostenute dalle strutture sanitarie.
Perciò, nessun ospedale può esigere il pagamento delle spese mediche dall’assicurazione del veicolo “colpevole” in un incidente.
Questa insostenibile situazione può essere cambiata proprio destinando una parte dei profitti enormi del nuovo ente alla copertura del deficit della sanità pubblica legato alla strage stradale.
Sarebbe importante, inoltre, che almeno un rappresentante delle vittime della strada fosse incluso negli organi di controllo ministeriale, al pari di quello che attualmente accade con l’ANMIL, il cui presidente è membro di diritto del CIV (Comitato interministeriale di vigilanza sull’INAIL).
Potrebbero essere estese le competenze del CIV al nuovo ente od aumentate quelle dell’INAIL, affinché possa incorporare le funzioni che la mia ipotesi vorrebbe attribuire al nuovo ente.
Con la creazione di un’alternativa così grande ed autorevole, le assicurazioni private si vedrebbero costrette a ridurre le loro pretese nel pagamento dei premi.
L’unico inconveniente ravvisabile in tale riforma è la perdita di utili per le assicurazioni private, che farebbero, ovviamente, una spietata guerra alla proposta che sto illustrando.
Particolarmente raccomandabile sarebbe, perciò, procedere per gradi, evitando di ipotizzare, anche soltanto come esercizio di scuola, una nazionalizzazione del settore, sempre ribadendo che al consumatore non verrà mai sottratta, in campo assicurativo, la libera scelta fra settore pubblico e privato.
ULTIMO DISCORSO, quello degli investimenti necessari: non ne servirebbe, in pratica, nessuno, se non nella fase iniziale; il nuovo organismo realizzerebbe utili enormi, sottraendoli ai privati e rimettendoli in gioco a vantaggio dell’intera collettività.
Alberto Pallotti, presidente AIFVS