BRIANDATE. Continua a tenere banco il caso di Adil Belakhdim, il sindacalista del “Cobas Sì” investito ed ucciso a Briandate, in provincia di Novara, davanti all’ingresso del centro di distribuzione Lidl, nella mattinata di venerdì 18 giugno.
Al conducente del camion che avrebbe trasportato, per una decina di metri, il corpo della vittima, oltre a ferire altre quattro persone, sono stati accordati gli arresti domiciliari, in attesa di rispondere delle accuse di omicidio stradale, resistenza e omissione di soccorso. L’uomo, che avrebbe compiuto l’atto a seguito di un forte diverbio con i manifestanti, è stato fermato a distanza di qualche chilometro dal luogo dall’accaduto, dopo una breve fuga, all’altezza del casello autostradale di Novara Ovest.
“Siamo davvero indignati per i lati interpretativi della legge per l’omicidio stradale – afferma il presidente dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada ODV, Alberto Pallotti -. Il paradosso è che, chi uccide sulle strade non rispettando il codice o ottiene, nella maggiore dei casi, uno stato di libertà vigilata sino al terzo grado o viene arrestato al momento dell’accaduto per le aggravanti, per poi essere destinato ai domiciliari. Le leggi in Italia non contano più. Ricordiamo alcuni dei punti che noi riteniamo basilari per garantire giustizia in questo paese: «Art. 589-bis. (Omicidio stradale) Chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito con la reclusione da due a sette anni»; «Art. 589-ter. (Fuga del conducente in caso di omicidio stradale). Nel caso di cui all’articolo 589-bis, se il conducente si dà alla fuga, la pena è aumentata da un terzo a due terzi e comunque non può essere inferiore a cinque anni». Un quadro chiaro che non viene attuato nei tribunali: bisogna fornire ai giudici i mezzi per poter mettere al pari l’omicidio stradale con quello colposo. Chi commette questo reato, deve essere trattato allo stesso modo di chi uccide in altro modo. Chi guida ubriaco, sotto effetti di stupefacenti, al telefono o attuando altre forme di mancanza di rispetto nei confronti dell’utente della strada, merita il carcere sin da subito. Attendiamo di conoscere l’esito dell’inchiesta, ma, se per nessuno degli indagati si aprono le porte della galera, dobbiamo farci qualche domanda”.