Ucciso da un’auto che non si è fermata a uno stop. L’AIFVS: «Mimmo Crisafulli come Marco Vannini. Il ministro della Giustizia disponga un’ispezione per i giudici di Catania»

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L’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada, dopo la sentenza della Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso presentato dal padre di Mimmo Crisafulli, 25 anni, morto in un incidente stradale a Catania il 6 marzo 2017, rivolge un appello al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, perché si valuti l’operato dei magistrati e dei giudici siciliani che hanno seguito questa dolorosa vicenda. Mimmo Crisafulli è morto in un incidente stradale provocato da una persona che, al volante della sua auto, non si è fermata a uno stop

«I giudici avevano tentato di archiviare il caso e, solo dopo la nostra opposizione e numerose proteste davanti al Palazzo di Giustizia, le indagini sono state riaperte. Durante le indagini preliminari, si sono inventati falsamente il concorso di colpa inesistente della vittima, agevolando l’imputata con il patteggiamento. Così lei ha ottenuto ulteriori sconti di pena. Proprio grazie al rito del patteggiamento, noi familiari non abbiamo avuto la possibilità di smontare – come sarebbe potuto accadere durante un vero processo – questo concorso di colpa palesemente falso. Senza contare che i periti della Procura non hanno tenuto conto di una sentenza della Corte di Cassazione, la n. 30993/2018, in base alla quale la colpa esclusiva è di chi non si ferma allo stop. Invece, è stato avallato il concorso di colpa di mio figlio. L’imputata alla fine ha patteggiato cinque mesi e dieci giorni con la condizionale», spiega Pietro Crisafulli, padre del ragazzo ucciso. Che aggiunge: «Ho fatto ricorso in Cassazione contro il patteggiamento, poiché trovo assurdo che a una persona che non si è fermata allo stop venga data la possibilità di patteggiare una pena così esigua, senza neanche la menzione nel casellario giudiziale. I giudici di Roma, però, hanno dichiarato inammissibile il mio ricorso. Per loro quel patteggiamento va bene: d’ora in poi chiunque potrà non fermarsi allo stop senza rischiare quasi nulla. Mi sento come se mio figlio fosse stato ucciso due volte, una volta sulla strada e una nei tribunali. Certamente farò ricorso alla Corte Europea di Strasburgo, il mio nuovo avvocato ci sta già lavorando. Dopo quanto è successo, non credo più nella giustizia italiana. Anche per questo chiedo al ministro della Giustizia di aprire un’indagine nei confronti dei giudici di Catania e valutare il loro operato».

 

Pietro Crisafulli aggiunge: «Ho letto sui giornali che il ministro Bonafede ha disposto un’azione disciplinare nei confronti dei magistrati che hanno seguito il caso di Marco Vannini. La nostra vicenda è, per quanto riguarda il modo in cui le indagini sono state condotte, per certi versi simile a quella di quel povero ragazzo. Mi aspetto, quindi, che il ministero della Giustizia si comporti di conseguenza anche nel nostro caso».

Una richiesta, quella del padre di Mimmo Crisafulli, che ha tutto l’appoggio dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada. Il presidente Alberto Pallotti, dice: «Tutta l’associazione è solidale con la famiglia di Mimmo Crisafulli. Ma, purtroppo, quando si parla di incidenti stradali, in Italia si preferisce sempre dar torto al morto. Noi ci sforziamo di credere nella giustizia, ma francamente questo sistema italiano dimostra ogni giorno sempre di più criticità insostenibili. A questo punto non resta che chiedere l’aiuto della politica. È giusto che il ministro della Giustizia dia un segnale forte ai familiari delle vittime della strada dispondendo un’ispezione a Catania per valutare, una volta per tutte, l’operato di quei magistrati».

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